7 febbraio 1560: muore l’artista Baccio Bandinelli

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di Emanuela Ferretti (Università di Firenze)

[Le parole evidenziate nel testo rinviano a link esterni elencati in fondo alla pagina]

 

Baccio Bandinelli, Ercole e Caco, 1534. Firenze, Piazza della Signoria

Il 7 febbraio 1560 moriva a Firenze Baccio Bandinelli (che vi era nato il 12 novembre 1493), noto al grande pubblico soprattutto per il gruppo scultoreo dell’Ercole e Caco, del 1534, che si confronta con il David di Michelangelo Buonarroti davanti a Palazzo Vecchio, ‘materializzando’ una rivalità tra i due artisti certamente esistita, ma enfatizzata, e tinta di un’inimicizia più presunta che reale, soprattutto dalla penna di Giorgio Vasari. Molto aspro fu invece il confronto con Benvenuto Cellini, che nelle sue memorie non mancò di indirizzare al rivale parole di fuoco. Bandinelli si conquistò dapprima la benevolenza dei pontefici di casa Medici, Leone X e Clemente VII, e divenne poi protagonista assoluto della committenza di Cosimo I de’ Medici e della consorte Eleonora di Toledo. Baccio fu non solo scultore, ma anche pittore e grande disegnatore. Nell’ultima parte della vita si propose – seppur senza successo – come architetto, elaborando alcuni progetti, come quelli per Palazzo Pitti.

 

 

 

 

 

 

 

Baccio Bandinelli, Pietà, 1554-59. Firenze, Chiesa della Santissima Annunziata

La consapevolezza dei propri mezzi espressivi e il desiderio di superare la considerazione prettamente artigianale in cui era tenuta l’attività artistica, portarono Bandinelli a investire molto per elevare il proprio stato sociale, con acquisizioni di proprietà prestigiose nel centro di Firenze (il palazzo in via de’ Ginori) e sulle colline di Fiesole (una villa con giardino servito da un acquedotto). Bandinelli cercò di conquistare un ruolo di spicco anche nelle magistrature cittadine, come un qualsiasi patrizio: divenne così supervisore del duca Cosimo nell’Opera del Duomo (la fabbriceria della cattedrale) ed entrò successivamente nel novero dei capitani di Parte guelfa (una sorta di ministero dei lavori pubblici) non in qualità tecnico ma come amministratore. Di quest’autocelebrazione fa parte anche il monumento funebre che Baccio realizzò in SS. Annunziata a Firenze, in una cappella – già dei Pazzi – che riuscì a ottenere dai Serviti grazie al decisivo appoggio della duchessa Eleonora. La sepoltura è arricchita da una bellissima Pietà (1555-1559) raffigurante, con intensa espressività e possanza fisica, la figura del Cristo sostenuto da Nicodemo. Scorrendone la ricca biografia, tracciata nel Cinquecento da Vasari e da Raffaello Borghini, spiccano la qualità e la consistenza delle commissioni ricevute, cui seguì poi una pressoché costante incapacità di portarle a compimento secondo l’intenzione iniziale.

 

 

 

Baccio Bandinelli, Giovanni dalle Bande Nere, 1540-1556. Firenze, Piazza San Lorenzo

La prima parte della carriera di Bandinelli si svolse principalmente fra Roma e Firenze. Nella prima ha lasciato una significativa testimonianza in Santa Maria sopra Minerva, nel cui coro si trovano le tombe di Clemente VII e Leone X. A lui si deve anche il primo restauro del celebre gruppo ellenistico del Laocoonte, commissionato da Leone X, opera di cui Baccio realizzò anche una splendida copia, oggi agli Uffizi. Il vero salto di qualità avvenne però sotto il governo di Cosimo I: Baccio monopolizzò infatti gli incarichi artistici più importanti grazie alla protezione del potente primo maggiordomo ducale, Pier Francesco Riccio. Dai primi anni Quaranta del Cinquecento Bandinelli ottenne la commissione di progettare il nuovo coro nel duomo di Firenze, un’articolata opera di architettura e scultura smontata nel XIX secolo. Negli stessi anni inizia anche la lunga vicenda del monumento funebre di Giovanni dalle Bande Nere, lasciato incompiuto, da destinare a San Lorenzo: la scultura che vediamo oggi in piazza San Lorenzo è infatti il risultato di un assemblaggio del 1851.

 

 

 

 

Baccio Bandinelli, Autoritratto, 1550 circa. Paris, Musée du Louvre

L’artista fu poi protagonista della riconfigurazione della Sala grande in Palazzo Vecchio (nota oggi come Salone dei Cinquecento), che Cosimo gli affidò, in collaborazione con Giuliano di Baccio d’Agnolo. Per trasformare la severa ma grandiosa aula voluta da Girolamo Savonarola, Baccio pensò a un vero e proprio pantheon med

iceo: quattordici statue dovevano celebrare la famiglia medicea. Questo straordinario arredo scultoreo sarebbe stato inserito in un inquadramento parietale all’antica, solo parzialmente realizzato. Anche il programma

delle sculture fu negli anni fortemente ridimensionato. Il ritorno di Vasari a Firenze nel 1554 e l’uscita di scena del Riccio, suo protettore, segnarono l’inizio di una parabola discendente per Bandinelli, che come ultima grande commissione ottenne l’incarico della fontana di piazza della Signoria, affidata alla sua morte a Bartolomeo Ammannati.

 

Figura controversa, la cui opera è rimasta schiacciata fra gli insuccessi legati all’ambizione e la grandissima qualità del fare artistico, Bandinelli rappresenta un personaggio di grande interesse della storia dell’arte del Cinquecento, alla sua piena comprensione ha recentemente contribuito lo studio di Louis A. Waldman, che ne ha indagato anche i particolari più nascosti della biografia, arricchendo le notizie che Baccio aveva affidato a un Memoriale.

 

Letture di approfondimento:

  • F. Vossilla, Baccio Bandinelli e Benvenuto Cellini tra il 1540 ed il 1560, «Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz», XLI (1998), pp. 254-313.
  • L. A. Waldman, Baccio Bandinelli and art at the Medici court. A corpus of early modern sources, Philadelphia, American Philosophical Society, 2004.

Elenco dei link in ordine di citazione (il loro funzionamento è stato verificato il 7 febbraio 2012):


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