11 dicembre 1913: la Gioconda viene rinvenuta in una camera d’albergo a Firenze

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di Francesca Cavarocchi (Istituto Storico della Resistenza in Toscana)

 

[Le parole evidenziate nel testo rinviano a link esterni elencati in fondo alla pagina]

 

 

“Le Petit Parisien”, 14 dicembre 1913

L’11 dicembre 1913 il collezionista d’arte Alfredo Geri e Giovanni Poggi, direttore della Regia Galleria degli Uffizi, si incontrarono all’albergo Tripoli in via Panzani con il verniciatore Vincenzo Peruggia; questi mostrò loro la tela della Gioconda, che aveva sottratto al Louvre due anni prima. Poggi prese in custodia il dipinto per esaminarlo, mentre Peruggia fu tratto in arresto dai carabinieri il giorno seguente.

 

Vincenzo Peruggia (Dumenza 1881 – Saint-Maur-des-Fossés 1925), emigrato a Parigi nel 1907, era stato assunto da una ditta incaricata di svolgere lavori di manutenzione al museo del Louvre; qui aveva compiuto il furto la notte fra il 20 e il 21 agosto 1911, giorno di chiusura delle gallerie. Entrato dall’accesso riservato agli operai, aveva raggiunto il Salon Carré, prelevato il quadro ed era uscito con la tela arrotolata dopo averla privata del vetro e della cornice. Nei mesi successivi egli dovette tentare senza successo di disfarsi del dipinto contattando collezionisti privati; molto probabilmente agì da solo, dato che le indagini condotte in Francia non riuscirono ad individuare alcun complice. Si risolse infine a inviare una lettera (firmata con lo pseudonimo Leonard) al fiorentino Alfredo Geri, che si dichiarò interessato ad esaminare l’opera.

 

Dal “New York Times”, 15 dicembre 1913

Nonostante la richiesta di un cospicuo “indennizzo” per la restituzione del maltolto, Peruggia dichiarò a più riprese di non aver compiuto il furto a scopo di lucro, ma con l’intenzione di riconsegnare all’Italia un dipinto di grande valore simbolico, che egli riteneva fosse stato parte del bottino di guerra nella fase napoleonica. In realtà la presenza della Gioconda nelle collezioni reali francesi è attestata fin dal ’600, probabilmente portata a Parigi dallo stesso Leonardo. In ogni caso il gesto di Peruggia suscitò diffuse simpatie nell’opinione pubblica italiana, che lo dipinse come un ingenuo ma audace campione di patriottismo; egli non aveva mancato di sottolineare che il gesto rappresentava anche una sorta di risarcimento per le discriminazioni subite dagli emigrati italiani in Francia.

 

Dopo che le autorità francesi si erano lamentate per la lentezza dell’iter giudiziario, il tribunale di Firenze celebrò un breve processo nel giugno 1914; Peruggia fu condannato per furto aggravato, ma la valutazione delle attenuanti gli valse una pena di un anno e 15 giorni di prigione, ridotti in appello a 7 mesi e 8 giorni. Varie voci sulla stampa avevano invocato clemenza nei confronti dell’arrestato; il perito prof. Arnaldi, direttore del manicomio di San Salvi, era riuscito ad ottenere il riconoscimento della seminfermità mentale.

Il furto aveva prevedibilmente suscitato ampio clamore e polemiche nell’opinione pubblica francese. In particolare le critiche si erano appuntate sull’inadeguatezza del sistema di sorveglianza del Louvre; Théophile Homolle, allora direttore dei Musei nazionali, fu costretto a dimettersi. Il breve arresto nel settembre 1911 di Guillaume Apollinaire non era collegato alla scomparsa della Gioconda, bensì al caso di tre statuette fenicie trafugate al Louvre pochi anni prima da un suo ex segretario, il belga Géri Pierret. Furono condotte indagini ad ampio raggio, che si servirono di nuove tecniche quali il rilevamento di impronte digitali, nonché dell’ausilio del celebre criminologo Alphonse Bertillon. La stessa abitazione di Peruggia fu perquisita senza risultato, dato che la tela era stata accuratamente nascosta. Si moltiplicarono piste e segnalazioni, mentre settori della stampa d’oltralpe fomentarono pulsioni xenofobe addensando sospetti su ambienti dell’immigrazione o sulla longa manus tedesca. La scomparsa della Gioconda ispirò rotocalchi, varietà, canzoni, contribuendo a farla diventare un’icona popolare (la prima Gioconda di Duchamp è del 1919).

 

La Gioconda agli Uffizi. Immagine tratta da: http://monalisadocumentary.blogspot.it

Il ritrovamento della tela leonardiana ebbe immediatamente ampio risalto sulla stampa italiana e internazionale. Mentre il ministro della Pubblica Istruzione Credaro ne dava l’annuncio ufficiale all’ambasciatore francese, il 12 dicembre giunse a Firenze il direttore generale alle Belle Arti Corrado Ricci, per assicurarsi dell’autenticità del dipinto. Prima di varcare il confine i primi di gennaio 1914, l’opera fu messa in mostra agli Uffizi a Firenze, a Palazzo Borghese a Roma e alla Pinacoteca di Brera a Milano; l’esposizione itinerante dette luogo ad affollatissimi eventi pubblici, presenziati da autorità, studiosi e da migliaia di visitatori comuni. Il viaggio verso Parigi si tramutò dunque in una cerimonia solenne, che intendeva celebrare i tradizionali vincoli di amicizia fra i due paesi. Del resto, dopo l’iniziale imbarazzo, era necessario per il governo italiano dare prova di efficienza nella presa in carico e restituzione del dipinto e di stretta collaborazione con le autorità d’Oltralpe.

 

 

 

Bibliografia di riferimento

  • J. Coignard, Une femme disparaît. Le vol de la Joconde au Louvre en 1911, Paris, Le Passage, 2010
  • P. Macchionne, La Gioconda rapita. Chi ha veramente rubato il capolavoro di Leonardo da Vinci? La storia, le immagini, i documenti del processo, Azzate, Macchionne, 1995
  • D. Sassoon, La Gioconda. L’avventurosa storia del quadro più famoso del mondo, Roma, Carocci, 2002

 

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