4 dicembre 1562: la riforma sugli abiti e gli ornamenti

PDF

di Irene Mauro (Firenze)

[Le parole evidenziate nel testo rinviano a link esterni elencati in fondo alla pagina]

 

Che i governi nel passato si siano occupati anche di moda può sembrare strano. Tuttavia nessuno a Firenze rimase sorpreso quando, il 4 dicembre 1562, fu introdotta una riforma «sopra il vestire abiti et ornamenti»: non era la prima, né sarebbe stata l’ultima in materia.

 

Masolino da Panicale, Guarigione dello storpio e resurrezione di Tabitha (particolare) 1426-27, Firenze, Chiesa di Santa Maria del Carmine, Cappella Brancacci

Fin dall’antichità le autorità avevano emanato leggi di questo tipo, dette «suntuarie» (dal latino sumptus, dispendio). L’obiettivo era quello di limitare gli sprechi e lo sfarzo, contribuendo a ridurre per tal via la povertà, e di dettare regole di condotta specialmente per le donne, ritenute più inclini a vizi e a eccessi. Lo scopo primario – e non dichiarato – era però quello di regolare gruppi e identità sociali. L’abbigliamento rifletteva infatti lo status: lo sfoggio di abiti di lusso da parte di dottori e cavalieri, per esempio, implicava la volontà di mostrare il prestigio goduto, di scandire una distinzione dal resto della popolazione. Apparire era dunque essere, e ciò che costituiva un simbolo dell’ascesa sociale veniva esibito: i palazzi, le vesti, gli ornamenti, anche il modo in cui gli uomini di potere camminavano nelle loro uscite pubbliche o sedevano a palazzo aveva forte valenza simbolica. Ogni cerimoniale seguiva un ordine che rifletteva l’importanza riconosciuta ai partecipanti.

 

Lo sapeva bene Cosimo I de’ Medici che, in occasione dell’incontro tra papa Paolo III e l’imperatore Carlo V nel 1541, era stato messo in secondo piano rispetto al duca Ercole II d’Este, a cui era stato concesso l’onore di collocarsi alla destra dell’imperatore nella sfilata a cavallo e, durante il pranzo, di porgergli la salvietta.

Salito al potere dopo che Alessandro de’ Medici era stato ucciso dal cugino Lorenzino il 6 gennaio del 1537, Cosimo I emanò una prima legge suntuaria il 10 ottobre 1546, che introduceva una gerarchia al vertice della quale si situavano i cittadini fiorentini abili alle cariche. I tempi erano però cambiati rapidamente. Cosimo aveva iniziato a ‘plasmare’ le istituzioni e la società toscana, introducendo novità volte a trasformare il ducato in una compagine compatta e omogenea. Un primo passo in questa direzione egli l’aveva compiuto legando a sé soprattutto i sudditi che provenivano dalle periferie del territorio, dal momento che un’alleanza forte con i nobili fiorentini, abituati a non sottostare a una figura principesca e a partecipare all’attività di governo, era alquanto improbabile. Famiglie provenienti dai luoghi più disparati della Toscana e che avevano dimostrato fedeltà al duca erano state favorite dalla concessione di privilegi e dall’introduzione di nuovi canali di promozione sociale, come, per esempio, l’Ordine di Santo Stefano creato nel 1562.

Agnolo Allori detto Il Bronzino, Eleonora di Toledo con il figlio Giovanni, 1545 ca, Firenze, Galleria degli Uffizi

La riforma suntuaria del 4 dicembre 1562 si colloca in questo contesto, elencando quali vesti e ornamenti potessero essere indossati dai cittadini fiorentini e quali invece fossero proibiti, e dando indicazioni sia di carattere generale che specifiche, come quelle indirizzate alle donne maritate e alle fanciulle nubili, o ancora alle meretrici. Significativamente, venivano eccettuati dalle proibizioni «qualunque forestiere, che non sia della città di Fiorenza, e similmente sua donna e famiglia», tra cui «marchesi, conti e signori titolati […], cortigiani e gentilhuomini, che sono stipendiati da Sua Eccellenza Illustrissima e suoi Illustrissimi Figliuoli, […] cavalieri a spron d’oro, di Malta, di Santo Stefano e di qualunque altro ordine e religione»; i dottori «per le persone loro»; e infine «quelli che saranno designati da Sua Eccellenza Illustrissima e da Noi Magistrati in ambasciatori e commessari per servitio pubblico, e quelli che saranno capitani, vicari, podestà, per reggimento delle città e terre del Dominio, durante la loro ambasciaria, commissione e officio». La riforma, fortemente voluta dal duca, rispondeva all’esigenza di disciplinare la società secondo le necessità di un dominio capace di tessere una rete di alleanze che abbracciasse tutto il suo territorio.

 

Una serie di eventi dolorosi si abbatté però in quei giorni sulla famiglia ducale, mettendo a dura prova Cosimo: a breve distanza l’uno dall’altro morirono due figli, e anche la moglie, Eleonora di Toledo, passò a miglior vita il 17 dicembre 1562. Pochi anni dopo, nel 1564, Cosimo preferì consegnare al figlio Francesco la reggenza del principato. Iniziava così una nuova stagione politica per la Toscana medicea.

 

 

Lettura di approfondimento:

D. Liscia Bemporad, Gerarchie, privilegi e lusso nelle leggi suntuarie fiorentine, in Denaro e bellezza: i banchieri, Botticelli e il rogo delle vanità, a cura di L. Sebregondi, T. Parks, Firenze, Giunti, 2011, pp. 81-92.

 

Elenco dei link in ordine di citazione (il loro funzionamento è stato verificato il 4 dicembre 2011):


Torna su