Febbraio 1865: il piano di Giuseppe Poggi per Firenze capitale

Immagine di copertina:

In copertina: N. Sanesi, Veduta a volo d’uccello di piazza San Gallo secondo il progetto di Giuseppe Poggi, 1865-1870 ca. (Firenze, Museo di Palazzo Vecchio)



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di Gianluca Belli (Università di Firenze)

 

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G. Poggi, Progetto di massima per l’ingrandimento della città di Firenze, 1865, litografia. È il progetto presentato da Poggi al Consiglio Comunale il 31 gennaio 1865. In questa versione preliminare il Campo di Marte è previsto sulla sponda meridionale dell’Arno davanti alle Cascine, collegato a queste tramite un nuovo ponte che ricalca la posizione della passerella costruita un secolo più tardi.

Le condizioni per il trasferimento della capitale d’Italia a Firenze maturano nel 1864 all’improvviso, in un quadro di equilibri politici e diplomatici difficile. La convenzione siglata nel settembre di quell’anno tra il governo Minghetti e Napoleone III prevede infatti lo spostamento della capitale da Torino in un’altra città del Regno. La scelta cade su Firenze, e la legge n. 2032 dell’11 dicembre 1864 fissa il trasferimento entro i sei mesi successivi. La necessità di concludere rapidamente l’operazione esclude la possibilità di costruire ex novo gli edifici governativi. Le sedi dei poteri e della burocrazia statali vengono reperite ricorrendo al patrimonio immobiliare del Demanio e a qualche edificio privato.

 

Il piano governativo per il trasporto della capitale non contempla provvedimenti per la sistemazione dei funzionari e degli impiegati statali provenienti da Torino. Il numero delle persone da accogliere è stimato attorno alle 25.000 o 30.000 unità, un numero considerevole per una città che alla vigilia del trasferimento conta attorno ai 120.000 abitanti. Il problema degli alloggi, che provoca immediati aumenti dei canoni di locazione, è lasciato a completo carico dell’amministrazione municipale. Alla metà del 1865 centinaia di famiglie rimangono letteralmente senza casa, incapaci di far fronte all’innalzamento degli affitti. Alcune vengono provvisoriamente sistemate in conventi, altre in case prefabbricate in ferro e legno acquistate dal Municipio e collocate al di fuori delle porte alla Croce e a San Frediano.

I primi passi compiuti per affrontare la questione risalgono però all’anno precedente. Alla metà del novembre 1864 il Consiglio comunale nomina una commissione composta da alcuni consiglieri, tra i quali Guglielmo de Cambray Digny e l’ingegnere Felice Francolini, con il compito di promuovere soluzioni ai problemi causati dal trasferimento della capitale. Alla metà di dicembre, pochi giorni dopo la promulgazione della legge sul trasferimento, la commissione comunale è già in grado di sottoporre all’approvazione del Consiglio una serie di provvedimenti, tra i quali l’ampliamento del territorio comunale, l’apertura o l’allargamento di strade all’interno della città, e la demolizione delle sue mura trecentesche realizzando al loro posto un grande stradone elevato dal piano di campagna, che serva contemporaneamente come passeggio pubblico, come difesa dalle esondazioni dei torrenti vicini, e infine come raccordo tra il centro antico e i nuovi quartieri da costruire.

L’adeguamento delle strutture urbane all’interno della cerchia muraria è affidato all’Uffizio d’Arte del Municipio – il servizio tecnico comunale – diretto dall’ingegnere Luigi Del Sarto. Del Sarto elabora un quadro generale di lavori che verrà approvato dal Consiglio comunale nel marzo 1866, e che comprende tra l’altro il riordinamento dell’area di Mercato Vecchio e la prosecuzione o l’allargamento di una serie di strade. Dell’elaborazione del piano di ampliamento viene invece incaricato, fin dal novembre 1864, l’architetto Giuseppe Poggi (1811-1911). Fautore del classicismo architettonico di Pasquale Poccianti, di cui nel 1850 sposa la figlia, Poggi è già uno dei più affermati professionisti fiorentini del tempo, e può contare sull’appoggio della sua scelta clientela e su amicizie influenti. Al solido status professionale si unisce una cultura architettonica e tecnica di livello, formata a Firenze e arricchita dai viaggi compiuti in Francia e Inghilterra.

 

Fotografia del quartiere della Mattonaia durante i lavori di edificazione, 1868-1870 ca. Nella ripresa si notano a sinistra l’area su cui sorgerà l’edificato di piazza D’Azeglio, e a destra il grande blocco di case realizzato dalla Società Anonima Edificatrice all’angolo tra via della Mattonaia e via G.B. Niccolini. Sullo sfondo gli edifici in costruzione lungo il viale Principe Eugenio, oggi intitolato ad Antonio Gramsci (Archivio Storico del Comune di Firenze, car. 367/008, per cortese concessione).

Una prima versione del piano, redatta con sorprendente velocità, viene presentata al Consiglio comunale già alla fine del gennaio 1865. Il 5 febbraio, appena arrivato a Firenze, Vittorio Emanuele convoca Poggi a Palazzo Pitti, con un biglietto di Cambray Digny che nei Ricordi della vita (Firenze 1909) l’architetto definisce «memorabile» per l’impaziente desiderio del re di vedere i disegni di progetto. La soddisfazione del sovrano si traduce nella nomina di Poggi a cavaliere dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, e quella del Consiglio comunale nell’approvazione degli elaborati di massima, il 18 febbraio. Immediatamente dopo, Poggi elabora il progetto definitivo, sviluppato con l’aiuto di un piccolo gruppo di collaboratori, tra i quali gli ingegneri Tito Gori, Giovanni Riccetti, Girolamo Passeri, Augusto Ghelardi e Pietro Comparini.

 

Il piano è suddiviso in dieci sezioni, sei a destra e quattro a sinistra dell’Arno, per ciascuna delle quali vengono effettuati studi di dettaglio. Nel maggio del 1865 il Consiglio approva il nuovo elaborato, delibera l’esproprio dei terreni necessari per realizzare il viale di circonvallazione a destra dell’Arno e ne commissiona la realizzazione a una società anglo-italiana, la Cresswell, Breda e Compagni.

Il piano di ingrandimento è commisurato a un aumento di popolazione di circa 50.000 abitanti, che Poggi prevede di insediare in una serie di quartieri disposti a corona della città antica. L’impianto dei nuovi quartieri è accompagnato dall’adeguamento delle principali reti infrastrutturali, alle quali è dedicata una particolare attenzione, e da un piano di lavori per la difesa della città dalle inondazioni, l’ultima delle quali avvenuta appena nel 1864. Contrariamente a quanto suggerito dalla commissione comunale che predispone il programma di interventi, Poggi si oppone all’idea di realizzare al posto delle mura un viale rialzato che funzioni da argine, perché in questo modo lo stradone sarebbe stato difficile da raccordare con le vie circostanti, e inutile alla difesa dei nuovi quartieri esterni. Il viale è invece mantenuto all’incirca al livello della città antica, e la protezione dalle inondazioni è realizzata attraverso un capillare lavoro di sistemazione idraulica del territorio circostante la città, lavoro che comprende l’approfondimento degli alvei di fossi e torrenti, l’assetto dei loro argini, la costruzione di spallette. Poggi inoltre progetta l’adeguamento del sistema fognario cittadino, incentrato su due nuovi grandi collettori sotterranei, uno a destra e uno a sinistra dell’Arno. Il piano prevede anche l’arretramento della linea ferroviaria che cinge a nord la città, e che viene pensata come nuovo limite all’estensione urbana. Poggi propone anche lo spostamento della stazione al di là del viale circondario, facendone il nucleo generatore di una ulteriore espansione edilizia da pianificare in un momento successivo. Questa proposta rimane sulla carta, mentre avrà seguito il progetto di decentrare i macelli in un grande complesso al margine dei nuovi quartieri settentrionali, e quello di realizzare caserme e un campo di marte per le esercitazioni militari, previsti in un primo tempo sulla riva meridionale dell’Arno davanti alle Cascine.

 

G. Poggi, G. Roster, Piante e prospetto di uno degli edifici di piazza Beccaria, da “Ricordi di Architettura”, III, 1880, 3, tav. IV. Per garantire uniformità nel disegno delle piazze più importanti lungo i nuovi viali, Poggi disegna i prospetti degli edifici che vi si affacciano, lasciando ad altri architetti il compito di progettare l’articolazione interna

A questi nodi infrastrutturali Poggi aggiunge, a corredo delle zone d’espansione, una serie di piazze e l’inserto di qualche raro giardino, ritenendo sufficienti a soddisfare il bisogno di verde le colline limitrofe e l’area delle Cascine, che il piano inizia a trasformare in un parco interno alla città. Nella parte a nord dell’Arno, lo stradone circondario che prende il posto delle mura costituisce al tempo stesso la linea di cerniera tra la parte antica e quella nuova della città e uno spazio urbano monumentale, con il compito di rappresentare Firenze nel suo nuovo rango di capitale. Ideato, per ammissione dello stesso Poggi, sul modello dei boulevards parigini, il viale ha un carattere continuamente mutevole, in parte perché l’edificazione, pur regolata dal sistema dell’esproprio e della rivendita in blocco delle aree con precisi obblighi a una società costruttrice, è lasciata all’iniziativa di privati; in parte a causa della successione di episodi urbani che Poggi inserisce lungo il percorso. I principali snodi viari, per lo più segnati dalla presenza delle porte urbiche superstiti all’abbattimento, conservate «come monumento d’arte e di storia», sono l’occasione per realizzare impianti unitari, di cui Poggi riesce a controllare il disegno. Al di là degli ovvi riferimenti all’urbanistica haussmaniana e al Ring viennese, il carattere “pittoresco” del viale, determinato dai mutamenti di tracciato e prospettiva, dalla varietà di soluzioni architettoniche, dall’inserimento di elementi memoriali   le porte urbiche, il cimitero acattolico, la statua equestre di Vittorio Emanuele e quelle allegoriche delle città italiane previste all’ingresso delle Cascine   tradisce l’influenza della cultura urbana inglese. La piazza ellittica che circonda porta alla Croce, con le sue facciate unitarie scandite da un ordine gigante su un alto basamento, realizza a Firenze il modello del circus (nell’urbanistica inglese, una piazza circolare con facciate unitarie), mentre lo spazio ovale attorno al cimitero acattolico ricorda quello del crescent (uno spazio pubblico semicircolare o allungato con facciate unitarie). Ancora più accentuatamente pittoresca è la parte del viale a sud dell’Arno. Qui l’altimetria del terreno, subito collinare, rende impossibile seguire il tracciato delle mura, che sono mantenute intatte. Lo stradone poggiano le costeggia nel tratto pianeggiante, e poi segue un tracciato più vasto, assecondando le curve di livello con larghi tornanti. Lungo il loro percorso, reso attraente dai continui scorci panoramici sulla città e dalle accorte sistemazioni a verde, Poggi prevede lottizzazioni per ville e villini, immersi nella quiete di una città giardino che si oppone, per carattere e destinazione sociale, ai quartieri operai e impiegatizi previsti a nord. Al culmine del tracciato viene aperto un amplissimo belvedere, il piazzale Michelangelo, che esprime nel modo più scenografico il gusto ottocentesco per la veduta panoramica e al tempo stesso il trionfo del mito michelangiolesco. Poggi infatti progetta di arricchire il piazzale con le copie delle statue di Buonarroti, da sistemare in parte all’aperto e in parte all’interno di una loggia monumentale, che sarà però convertita in caffè.

 

Nel dicembre del 1870, quando la Camera vota il trasferimento della capitale a Roma, molti degli interventi progettati sono ancora lontani dall’essere ultimati. I lavori relativi al piano di Poggi avranno una conclusione solo nel 1877, senza peraltro riuscire a realizzare l’espansione edilizia prevista dal loro progettista. Altri lavori non saranno mai eseguiti o subiranno battute d’arresto e modifiche, come nel caso del riordinamento del centro cittadino. Il trasferimento degli uffici governativi, questa volta effettuato con estenuante lentezza, provoca anche stavolta disagi. La capitale lascia dietro di sé una situazione finanziaria comunale dissestata, e polemiche e inchieste sul modo seguito per condurre i lavori.

 

Bibliografia di riferimento

  • G. Poggi, Sui lavori per l’ingrandimento di Firenze. Relazione di G.P. (1864-1877), Firenze, G. Barbera, 1882
  • U. Pesci, Firenze Capitale (1865-1870), Firenze, R. Bemporad & Figlio, 1904
  • F. Borsi, La capitale a Firenze e l’opera di G. Poggi, Roma, Colombo, 1970
  • S. Fei, Nascita e sviluppo di Firenze città borghese, Firenze, G. & G. Editrice, 1971
  • Nascita di una capitale. Firenze, settembre 1864/giugno 1865, Firenze, Alinea, 1985
  • Giuseppe Poggi e Firenze. Disegni di architetture e città, Catalogo della mostra (Firenze, Sala delle Reali Poste, dicembre 1989-gennaio 1990), Firenze, Alinea, 1989

 

 

Elenco dei link in ordine di citazione (il loro funzionamento è stato verificato il 20 gennaio 2014)

 

 

 

 


Come citare questo articolo: Gianluca Belli, Febbraio 1865: il piano di Giuseppe Poggi per Firenze capitale, in "Portale Storia di Firenze", Febbraio 2015, https://www.storiadifirenze.org/?temadelmese=febbraio-1865-il-piano-di-giuseppe-poggi-per-firenze-capitale
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