12 gennaio 1653: nasce Anton Maria Salvini

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di Maria Pia Paoli (Scuola Normale Superiore)

 

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Anton Maria Salvini, in A.M. Salvini, Sonetti, in Firenze, nella Stamperia di Sua Altezza Reale, 1728

Il 12 gennaio 1653 nasceva a Firenze Anton Maria Salvini la cui fama è legata alla profonda conoscenza della lingua e della letteratura greca nonché delle lingue moderne, tra cui l’inglese e il francese.

 

Il padre, Andrea, impiegato nell’ufficio della Magona del ferro, fu cultore del «recitar cantando», ovvero di quella particolare forma di espressione canora e musicale che nella Firenze medicea aveva avuto i suoi esordi nella celebre Camerata dei Bardi. La madre, Eleonora Del Dua, proveniva da una famiglia di medici e di giuristi trasferitisi da Firenze nella campagna di Montopoli, dove anche Anton Maria fu costretto a impiegare parte del suo tempo nell’estate del 1675 per dirimere alcune controversie di confini.

Primogenito di sette fratelli maschi, Anton Maria, insieme al fratello Salvino, poi canonico del Duomo di Firenze e a sua volta letterato ed erudito, nel 1671 fu avviato dal padre agli studi legali nello Studio pisano dopo un periodo di formazione condotto a Firenze nel Collegio di San Giovannino, retto dai padri della Compagnia di Gesù. Questo percorso, che era ormai divenuto classico per alcuni rampolli delle famiglie fiorentine, fu parallelo ad un altro percorso più originale vissuto dal sedicenne Salvini in seno all’Accademia degli Apatisti fondata da Agostino Coltellini all’inizio degli anni Trenta del Seicento. A questa accademia, definita «madre e nutrice», Salvini fu particolarmente legato per avervi appreso un sapere enciclopedico che spaziava dalle lettere alla medicina, alla legge, alla teologia, alle scienze e, soprattutto, per avervi sperimentato con profitto la capacità critica frutto delle dispute accademiche e dello spirito di emulazione che accomunava «valenti giovani» suoi coetanei e «consumati maestri».

 

Ritratto di Anton Maria Salvini, 1700 circa (immagine tratta da www.culturaitalia.it)

Nel 1677, quando il granduca Cosimo III lo nominò professore di greco nello Studio fiorentino e, dunque, successore di Carlo Roberto Dati scomparso nel 1676, Anton Maria aveva già raggiunto una grande notorietà nel campo delle traduzioni dal greco, fra le quali si ricordano Della Caccia e della Pesca di Oppiano, l’Iliade, l’Odissea, la Batracomiomachia e gli Inni di Omero, le Sentenze elegiache di Teognide, gli Amori di Abrocomo e d’Anzia di Senofonte Efesio, l’opera poetica di Anacreonte, le Opere e i Frammenti di Esiodo Ascreo, gli Inni di Orfeo e di Proclo, il Ciclope di Euripide, le Odi di Saffo. Questa attività di studioso e di maestro gli procurò un fitto carteggio, ancora in gran parte inedito, coi dotti di mezza Europa, tra cui il calvinista Jean Le Clerc e il proposto di Modena Ludovico Antonio Muratori. I suoi interlocutori, per lo più filologi ed eruditi, appartenevano alla repubblica delle lettere del tempo, koinè culturale interconfessionale e cosmopolita, accomunata dal culto della riscoperta dei classici più noti, ma anche dei poeti e prosatori minori attraverso i quali era possibile, anche nella cattolica Firenze, diffondere il gusto per le storie avventurose dei romanzi e i versi d’amore.

 

Dal latino, Salvini tradusse le Satire di Aulo Persio e Della satirica poesia de’ Greci e della Satira de’ Romani di Isaac Casaubon; dal francese è sua la traduzione dell’Idea della perfezione della pittura di Roland Fréart de Chambray, e dall’inglese la tragedia Catone di Joseph Addison, rappresentata a Livorno nell’Accademia dei Compatiti in occasione del carnevale del 1715.

Fra novità e tradizione, Salvini fu tenace e fervente paladino del ritorno alla fonte dei testi della Sacre Scritture per cui, oltre alla conoscenza del greco, riteneva necessaria la conoscenza della lingua ebraica. Le sue teorie nel campo dell’insegnamento e della traduzione, oltre ai suoi pareri su vari argomenti di morale e di politica, sono raccolti nei volumi dei Discorsi accademici (parte I, Firenze 1695; parte II, Firenze 1712) tenuti nelle adunanze degli apatisti e recitati, secondo l’uso accademico, «all’improvviso». «Al fonte, al fonte bisogna andare – scrive Salvini nei Discorsi, parte I, pp. 215-216 – e una sola minima parola ci darà luce. Onoriamo dunque questa gran principessa, cioè l’Ebraica verità, confidente d’un gran principe che è Iddio; vestita dell’oro finissimo della fede, ammantata di misteri, corteggiata da tante Dame quante sono le lingue che a lei servono. E con essa onoriamo la greca sua principal Dama e favorita».

Socio dal 1677 della’Accademia Fiorentina e di quella della Crusca, Salvini fu socio della Royal Society di Londra dal 1716, dell’Arcadia di Roma dal 1691 e di numerose altre accademie italiane. Precettore del gran principe e poi granduca Gian Gastone de’ Medici, dette sempre molta importanza al suo ruolo di maestro e di educatore, delineando un modus vivendi che si apriva al mondo circostante senza pregiudizi sociali o culturali, come ben traspare dalle espressioni contenute nella lettera indirizzata al giovane artista Antonio Montauti il 18 novembre 1713: «Io stimo tutti gli uomini come fratelli e paesani, fratelli descendenti dal medesimo padre che è Iddio, paesani come tutti di questa gran città che mondo si chiama. Non mi rinchiudo né mi ristringo come i più fanno, che non degnano se non un certo genere di persone, come gentiluomini e letterati, e gli altri stimano loro non appartenere, e gli artigiani e i contadini e la plebe non solamente non degnano, ma talora strapazzano, come se non fussero uomini anch’essi e battezzati, ma indiani o bestie, o gente di altra razza….» (dalle Prose e lettere familiari, Venezia, 1830, pp. 221-223).

Cosmopolita nell’animo e nella mente, ma sempre vissuto a Firenze, Salvini morì nella sua città natale il 17 maggio 1729. Ne celebrarono le lodi in seno alle accademie Fiorentina e Crusca, gli amici Marc’Antonio de’ Mozzi, Bindo Giovanni e Bindo Simone Peruzzi, che ricordarono il «periglioso mare della sua dottrina» che spaziava nelle storie antiche e moderne, «nelle costumanze nostrali e straniere», nelle massime morali e politiche.

 

Bibliografia

C. Cordaro, Anton Maria Salvini. Saggio critico-biografico, Piacenza, Bertola & c., 1906

L. Guerrini, L’erudizione al servizio della scienza: Anton Maria Salvini traduttore del Galilei e commentatore del Torricelli, «Giornale critico della filosofia italiana», LXXVI (1997), pp. 250-262

M.P. Paoli, Anton Maria Salvini (1653-1729). Il ritratto di un “letterato” nella Firenze di fine Seicento, in J. Boutier, B. Marin, A. Romano (sous la dir. de), Naples, Rome, Florence. Une histoire comparée des milieux intellectuels italiens (XVIIe-XVIIIe siècles), Rome, Ecole française de Rome, 2005, pp. 501-544

 

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