20 gennaio 1958: l’ultima corsa del tranvai

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di Andrea Giuntini (Università di Modena e Reggio Emilia)

[Le parole evidenziate nel testo rinviano a link esterni elencati in fondo alla pagina]

 

L’ultima corsa del tram

L’ultima corsa del 17, quella delle 1.15, la notte del 20 gennaio 1958: il tranvai si avviava malinconicamente verso il deposito, dal quale non sarebbe più uscito. A bordo controllore, manovratore e fattorino, che nella foto di addio guardano l’obiettivo quasi attoniti, come se non ci potessero credere neppure loro. Partito dal capolinea della stazione, l’ultimo tram aveva assolto i propri compiti fino al capolinea delle Cascine per poi dirigersi nel “cimitero” di piazza Alberti, la rimessa dove pochi giorni dopo sarebbe stato smantellato e ridotto ad un ammasso di ferraglie in vendita a una decina di lire al chilo. Aveva fine una lunga epoca di trasporti tranviari urbani, che si era aperta nel 1907 con il collegamento fra il centro e le Cure, e anche Firenze, in ritardo fra le grandi città italiane, si volgeva verso gli autobus e i filobus, sopprimendo l’esercizio dei tram su rotaia. Mezzo secolo dopo una moderna tranvia avrebbe fatto tornare indietro nel tempo i più anziani, ripensando al momento in cui si chiudeva un capitolo della storia dei trasporti fiorentini.

 

Una cartolina postale mostra il tram in Viale Volta

Quella presa nel 1958 fu una decisione obbligata. Non solo le condizioni del trasporto urbano stavano ormai definitivamente cambiando con il trionfo della mobilità privata individuale; ma va aggiunto anche che il materiale tranviario fiorentino era particolarmente obsoleto, essendo le vetture montate su telai, quando invece quelle più moderne poggiavano già da anni su carrelli. Inoltre l’esperienza diffusa sul territorio nazionale insegnava che divellere le rotaie cittadine avrebbe permesso una maggiore velocità commerciale dei mezzi pubblici, congiuntamente ad una manutenzione meno impegnativa sia sotto il profilo tecnico sia economico. L’autobus poi simboleggiava la modernità, mentre lo sferragliante e ingombrante tram, lento e rumoroso, dimostrava tutti gli anni che aveva. Si voleva piegare anche il trasporto pubblico alle nuove logiche del traffico urbano, proiettate verso una velocizzazione complessiva e una maggiore agilità; in realtà il futuro era pensato e progettato in funzione dell’auto. Tutto dunque spingeva verso il pensionamento del vecchio tranvai.

 

Tram in Piazza Santa Maria Novella ai primi del Novecento

L’abolizione del trasporto su rotaie, a favore di filovie (l’ultima delle quali sarà a sua volta trasformata nel 1973) e soprattutto di autolinee, seguì una progressione scandita fra il 1952 e il 1958 e venne portata a termine in modo efficace senza recare soverchi fastidi agli utenti e al traffico. L’Ataf (Azienda trasporti autolinee fiorentine) – l’impresa municipale che gestiva i trasporti urbani nel capoluogo toscano dalla fine del 1945 – nella circostanza chiuse i depositi di via Pisana e di via del Gelsomino, che risalivano all’epoca delle due tranvie a vapore, quella per Signa e l’altra per il Chianti. Inoltre ristrutturò i depositi delle Cure e di via Aretina, adattandoli al trasporto su gomma, dove vennero abbattuti i vecchi capannoni in legno e ferro per realizzare ampi parcheggi per gli autobus. Vi furono installati anche due lavaggi automatici considerati allora fra i più efficienti dell’intero continente e venne completamente rinnovata l’officina per le manutenzioni. Il passaggio alla gomma provocò anche un sovrannumero di manovratori, che vennero necessariamente convertiti in autisti di autobus; per quelli più anziani invece venne prevista la trasformazione in bigliettai per le difficoltà che la conversione prevedeva.

 

L’autobus incarnava i nuovi frenetici ritmi delle città di un paese avviato verso un boom economico senza precedenti. Più scattante, dotato di un’accelerazione maggiore rispetto al placido tranvai, metteva paura per le «brusche fermate […] che mandano i viaggiatori gli uni sugli altri», come lamentava Antonio Poggi su “Il giornale della domenica”, paventando incidenti. L’accoglienza riservata ai nuovi mezzi fu però buona in città, nel complesso.

 

Tram sul Ponte La Carraia

Per l’Ataf, invece, si aprì una stagione di difficoltà economiche, condivise con le imprese consimili in tutta la penisola, dovute alla progressiva diminuzione dell’utilizzo del mezzo pubblico a favore di quello privato, e riflesso della complessa transizione che in quegli anni investì i caratteri istituzionali del governo locale, le politiche economiche nazionali e la diffusione di nuovi modelli socio-culturali anche nel campo della mobilità.

 

Senza nascondere un filo di nostalgia, “La Nazione”, scherzando con i propri lettori ma neanche più di tanto, scriveva, descrivendo la fine del glorioso tranvai destinato alla rottamazione: «Dite la verità, non verrebbe la voglia di comprarne un pezzetto per ricordo?».

 

Letture di approfondimento:

  • È andato in pensione l’ultimo tram, “La Nazione”, 20 gennaio 1958.
  • N. Cefaratti, 1865-2005: centoquarant’anni di trasporto pubblico a Firenze, Cortona, Calosci, 2007.

Elenco dei link in ordine di citazione (il loro funzionamento è stato verificato il 20 gennaio 2012):

 


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