7 settembre 1550: muore Niccolò di Raffaello detto il Tribolo

di Daniela Smalzi (Firenze)

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Tribolo e Pierino da Vinci, Fontana di Ercole e Anteo nella villa medicea di Castello, 1538-1545. Particolare scultoreo della candelabra (dal repertorio di immagini on line “L’Atlante dell’arte italiana”)

“Il poverino di maestro Tribolo con infinito mio dispiacer passò hiersera all’altra vita, dio l’habbia ricevuto nel suo sancto seno”: con queste accorate parole il maggiordomo di corte Pierfrancesco Riccio annunciava a Cosimo I la morte, il 7 settembre 1550, dell’artista che negli ultimi dodici anni era stato protagonista assoluto dei più importanti cantieri medicei. Niccolò di Raffaello detto il Tribolo scultore, architetto, ingegnere, paesaggista, scenografo, pirotecnico e topografo, godette infatti del riconoscimento artistico e culturale dei suoi contemporanei, primo fra tutti Giorgio Vasari.

 

Tribolo era nato a Firenze il 17 maggio 1497 nel popolo di S. Pier Maggiore e precisamente nella casa del canto di Monteloro, fra borgo Pinti e via degli Alfani, dove il padre Raffaello possedeva una bottega di legnaiolo e dove Niccolò fu avviato all’arte dell’intaglio, per “raffrenar” la sua “vivezza” poiché, secondo il racconto vasariano, “travagliava e tribolava sé e gli altri” essendo “un fanciullo molto vivo”. La bottega di Raffaello era conosciuta in città per la fabbricazione di ordigni bellici dotati di punte metalliche: probabilmente è da questa sorta di ‘botti esplosive’ che derivò il soprannome ‘Pericoli’.

Formatosi dunque all’interno delle botteghe artigiane della Firenze dei primi del Cinquecento, successivamente anche come scultore presso l’architetto legnaiolo Nanni Ungaro (fra gli artefici della Fortezza da Basso di Firenze), il Tribolo ebbe modo di ampliare le proprie conoscenze artistiche ed architettoniche partecipando negli anni venti del Cinquecento alle imprese fiorentine, romane e bolognesi di Baccio d’Agnolo, Jacopo Sansovino e Antonio Solosmeo. Successivamente il Vasari lo ricorda protagonista di numerose commissioni affidatigli a fianco – o in antagonismo – dei grandi artisti dell’epoca, fra i quali Michelangelo, Baccio Bandinelli e dello stesso Vasari.

Alla fine degli anni venti lo troviamo inoltre impegnato come rilevatore e topografo di papa Clemente VII (1523-1534), il quale gli commissionò, in tutta segretezza e con l’aiuto di Benvenuto della Volpaia, la realizzazione di una serie di misurazioni e disegni per l’esecuzione del modello ligneo della città di Firenze successivamente utilizzato per seguire l’andamento dell’assedio delle truppe imperiali di Carlo V che, com’è noto, sfociò nella restaurazione del potere mediceo del 1530.

A partire dalla fine degli anni trenta, il Tribolo si stabilì a Firenze assumendo incarichi sempre più rilevanti presso la corte medicea: a lui furono infatti assegnati numerosi apparati effimeri da realizzarsi in onore di ingressi trionfali, nozze e battesimi, nonché l’invenzione di costumi teatrali per numerose commedie e mascherate cittadine. Per le nozze cosimiane del 1539, ad esempio, diede sfoggio delle proprie capacità pirotecniche con mirabili girandole di fuoco, replicate successivamente per la festa di S. Giovanni Battista del 1545.

Niccolò fu anche ingegnere e capomastro dei capitani di Parte guelfa, la magistratura che dal 1549 svolse funzioni inerenti ai lavori pubblici: l’impegno profuso dal Tribolo in tale ufficio fu rivolto principalmente a tematiche di ingegneria idraulica e di regimentazione dei fiumi. Lo studio del territorio gli permise di intraprendere un percorso progettuale che sfociò in innovative riflessioni sul paesaggio e che lo portò a divenire l’ideatore dei più importanti giardini della corte medicea di metà Cinquecento.

 

Prato, veduta della villa medicea di Poggio a Caiano (dal sito del Comune di Poggio a Caiano)

Tribolo fu protagonista di numerose imprese architettoniche sia in ambito cittadino che extraurbano. A lui sono ascritti alcuni interventi per la cappella di Eleonora di Toledo (consorte di Cosimo I) in palazzo Vecchio, il completamento della sala di lettura della Biblioteca Medicea Laurenziana, la collocazione delle statue michelangiolesche sui sarcofagi medicei nella Sagrestia Nuova e il giardino dei Semplici, sebbene siano soprattutto gli interventi sulle ville medicee che ne resero celebre il nome. A partire dal 1545 fu infatti impegnato nel cantiere della villa di Poggio a Caiano, dove pianificò le aree esterne e il giardino: il preesistente edificio laurenziano venne infatti “messo in fortezza” tramite la realizzazione di un recinto rettangolare creato attorno alla residenza e, al di fuori di esso, furono costruite le ‘stalle’, ovvero le nuove magnifiche scuderie per oltre 200 cavalli.

 

Tribolo fu un personaggio chiave all’interno del sistema di gestione delle fabbriche cosimiane prima dell’arrivo di Vasari: nei suoi numerosi cantieri venne infatti messa a punto un’organizzazione collegiale del lavoro che permise l’esecuzione dei progetti in maniera progressiva e puntuale. Tale caratteristica risultò importante all’indomani della morte improvvisa del progettista che lasciò aperti molti cantieri, in particolare quello del giardino della villa medicea di Castello e quello da poco inaugurato del giardino di Boboli. Fu infatti merito dell’équipe di collaboratori capitanata da suo genero, David Fortini, se tali fabbriche poterono essere portate avanti: il forte segno compositivo lasciato dal Tribolo poté perdurare grazie alla predisposizione di una estesa infrastruttura idrica di canalizzazioni sotterranee (che nel caso di Castello si spinsero fino ad intercettare le acque di un antico acquedotto romano), le quali furono portate a termine nella loro veste ‘scultoreo-monumentale’ diversi anni dopo da artisti del calibro di Vasari, Ammannati e Giambologna.

 

Prato, scuderie della villa medicea di Poggio a Caiano, particolare dell’interno (dal sito del Comune di Poggio a Caiano)

Al momento della sua scomparsa, il Tribolo stava lavorando al cosiddetto “spartimento dell’Orto de’ Pitti”, ovvero a quell’operazione di pianificazione paesaggistica che portò alla nascita del primo nucleo del giardino Boboli, mutuato sull’esempio del giardino di Castello. Il Tribolo aveva impostato lungo un asse centrale longitudinale numerosi episodi spaziali, il più importante dei quali era costituito da un “teatro di verzura”, ovvero un teatro di vegetazione che andava a regolarizzare la superficie concava della vecchia cava di pietraforte utilizzata sin dal Quattrocento per estrarre il materiale costruttivo del palazzo di Luca Pitti. Ennesima conferma della poliedrica personalità di questo artista manierista.

 

 

Letture di approfondimento

  • C. Conforti, Il giardino di Castello come immagine del territorio, in La città effimera e l’universo artificiale del giardino: la Firenze dei Medici e l’Italia del ’500, a cura di M. Fagiolo, Roma, Officina ed., 1980, pp. 152-161.
  • Rinaldi, “Quattro pitaffi senza le lettere”: i primi anni del giardino di Boboli e lo spartimento del Tribolo, in Boboli 90, a cura di C. Acidini Luchinat, E. Garbero Zorzi, Firenze, Edifir, 1991, vol. I, pp. 19-30.
  • Niccolò detto il Tribolo tra arte, architettura e paesaggio, a cura di E. Pieri, L. Zangheri, Firenze, Comune di Poggio a Caiano – Provincia di Prato, 2001.
  • Giannotti, Il teatro di natura. Niccolò Tribolo e le origini di un genere. La scultura di animali nella Firenze del Cinquecento, Firenze, Olschki, 2007.

Elenco dei link in ordine di citazione (il loro funzionamento è stato verificato il 7 settembre 2012):