Luca Landucci
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Nato nel 1437, probabilmente a Firenze, vi fu sepolto il 2 giugno 1516. Landucci deve la sua fama al celebre diario fiorentino che copre gli anni dal 1450 al 1516, e che venne continuato da un anonimo, forse un parente, fino al 1542. Luca nacque da una non meglio nota Angela e da Antonio di Luca Landucci, proprietario di un piccolo patrimonio di immobili situati nella podesteria di Dicomano ereditati dalla madre Felice. Dal catasto del 1469 sappiamo che il L. aveva un fratello a cui fu molto legato, Gostanzo, appassionato di cavalli e fantino eccezionale, che proprio in un palio perse la vita il 12 settembre 1485. L’altra grande presenza della vita affettiva di Luca fu la moglie Salvestra, figlia di Tommaso Pagni, entrata per la prima volta in casa di lui sabato 24 maggio 1466. Dopo averlo accompagnato per trent’anni, Salvestra gli premorì nel 1514 lasciandolo con sette dei dodici figli avuti insieme.
A differenza del fratello, Luca condusse l’esistenza ordinaria di un modesto speziale. Scarse sono le notizie sugli anni giovanili. Iniziò l’apprendistato nell’arte nel 1452, dopo che nell’ottobre del 1450 era stato a scuola di “abaco” presso un tal Calandro. Dopo che erano naufragati sodalizi commerciali con altri speziali, anche grazie alla dote della moglie, Luca acquistò un fondo al canto dei Tornaquinci e si mise in proprio. Solo molto lentamente riuscì a conquistarsi un certo benessere. Nel 1498 non si registrano incrementi nel patrimonio immobiliare di famiglia, formato dai soliti due poderi e di una casa “da padrone” in luogo detto Vegna, nella podesteria di Dicomano. Oltre ad ospitare i soggiorni estivi della moglie e dei figli la casa di Vegna fu un utile rifugio per Luca quando nel 1479 fuggì da Firenze mentre infuriava il contagio. Nella portata catastale dell’anno seguente il L. dichiarava di vivere a pigione in un casa in piazza di San Sisto, nel popolo di San Pancrazio, e di tenerne in affitto una seconda sulla piazza delle Pallottole per la madre, a cui pagava anche una donna di compagnia. Col tempo riuscì comunque a trarre dalla bottega quell’agio finanziario che gli consentì di realizzare, lui modesto speziale, il sogno di far studiare da medico il figlio Antonio, addottoratosi a Bologna probabilmente nel 1506. Nel 1507 Luca doveva aver raggiunto un discreto benessere, se nello sfortunato incendio della sua casa fiorentina perse 250 ducati d’oro di masserizie e i libri di Antonio (del valore di 25 ducati). La famiglia e la bottega appaiono dunque come il doppio baricentro della vita di una persona evidentemente schiva, che nel corso degli anni non ricoprì mai cariche pubbliche, di governo, amministrative o diplomatiche, né ebbe posti di rilievo nell’arte di appartenenza. Il L. sembra quindi aver vissuto anche fisicamente tra l’abitazione e bottega ai Tornaquinci, e la casa di campagna a Dicomano, lasciando, a quanto sappiamo, la Toscana solo il 7 maggio 1475 quando si recò a Roma per il giubileo che lo tenne lontano da Firenze per quindici giorni.
Tranne alcune fonti fiscali il diario del L. è l’unico strumento utile per ricostruire una traccia biografica dell’autore, e di conseguenza manca pressoché del tutto una letteratura sulla sua figura. Ma il diario è, soprattutto, una fonte eccezionale per la storia della Firenze dell’epoca, arricchita da informazioni su ciò che succedeva in altre parti della cristianità, Roma in primo luogo. La mancanza di partigianeria e di calore per i protagonisti e i mutamenti istituzionali di anni in cui la città era pericolosamente in bilico tra la legittimità repubblicana, la pressione del Valentino e quella poi vincente dei Medici, vengono meno solo quando Luca parla del Savonarola. Del frate ferrarese Luca fu un ardente sostenitore, fuggito fortunosamente dallo stesso Convento di S. Marco durante gli scontri che portarono alla caduta del domenicano. La misura delle aspettative che il Savonarola aveva suscitato nella gente e in Luca stesso, può cogliersi nel disincanto che il diarista esprime, senza forse sentirlo pienamente, al pronunciamento della sentenza: “E io mi trovai a udire leggere tale processo; onde mi meravigliavo e stavo stupefatto e in ammirazione. E dolore sentiva l’anima mia, vedere andare per terra uno si fatto edificio per avere fatto tristo fondamento d’una sola bugia. Aspettavo Firenze una nuova Gierusalemme donde avessi a uscirre le leggi e lo splendore e l’esempio della buona vita, e vedere la novazione della Chiesa, la conversione degli infedeli, e la consolazione de’ buoni; e io sentitti il suo contrario, e di fatto presi la medicina: In voluntate tua Domine omnia sunt posita”.
Ma al di là dell’episodio del rogo del frate e dei suoi due seguaci la violenza è una presenza costante nelle pagine del diario, dove sono frequentissime le descrizioni di linciaggi, infanticidi, suicidi, riesumazioni violente di cadaveri che vengono dai giovani per le strade di Firenze malgrado il loro odore pestilenziale. Ma quello che colpisce l’attenzione del Landucci è soprattutto lo scempio contro le immagini sacre e i luoghi del culto. 
Il diario è infine una fonte preziosa per le variazioni del prezzo del pane che il Landucci riporta scrupolosamente nella sua qualità di speziale, nonché per la registrazione degli eventi meteorologici eccezionali. Ma la sua penna si attarda soprattutto nella descrizione degli interventi urbanistici fatti sulle vie, edifici pubblici, sulle chiese e sui palazzi della Firenze rinascimentale. Altrettanto numerose sono poi le notizie che riguardano opere d’arte, artisti e monumenti, ad esempio la costruzione e il posizionamento del David (“il gigante”). Luca ebbe infine un interesse specifico per l’architettura, chiaramente dimostrato dal progetto da lui stesso redatto per la costruzione di una nuova chiesa e di una cupola dietro quella di S. Evangelista, nell’attuale Via Martelli, presentato nel 1505 ad Antonio del Pollaiolo e nel 1509 a Giovanni Cellini, padre di Benvenuto, sempre senza successo.

Opere
Diario fiorentino dal 1450 al 1516 di Luca Landucci continuato da un anonimo fino al 1542, a cura di I. Del Badia, Firenze, Sansoni, 1883 (Rist. anast. con prefazione di A. Lanza, Firenze, Sansoni, 1985).

Studi su Luca Landucci
S. Calonaci, voce Landucci,  Luca in Dizionario biografico degli italiani, LXIII, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 2004;
A. Gherardi, Diario fiorentino dal 1450 al 1516 (recensione), «Archivio storico italiano», XI (1883), pp. 359-375.